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Allarme dal MEI: i musicisti italiani precari senza speranze

Articolo di: Redazione; pubblicato il 24/11/2007 alle ore 20:09:31.

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La musica italiana affonda, uccisa dal precariato. E' l'allarme lanciato da Giordano Sangiorgi, direttore e fondatore del Mei, la kermesse annuale delle etichette discografiche indipendenti.

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La musica italiana affonda, uccisa dal precariato. E' l'allarme lanciato da Giordano Sangiorgi, direttore e fondatore del Mei.

Da fonte: La Stampa.it (23/11/2007)

"Vivere di musica, impresa disperata"

L'analisi di Sangiorgi è impietosa: "In Italia, se si eccettua uno sparuto gruppo di fortunati, sopravvivere facendo musica è un'impresa. Per non parlare di chi lavora all'interno delle case discografiche. Negli ultimi mesi sono cambiati tutti i vertici, la precarietà è all'ordine del giorno. I grandi strateghi delle multinazionali, dopo essere riusciti nella difficile impresa di disaffezionare la gente all'uso del cd, ora si preparano alla dismissione generale: mirano ad avere punti di riferimento virtuali gestendo tutto in modo globalizzato con una gravissima ricaduta occupazionale". I dati parlano chiaro. Nei scorsi giorni ha tremato addirittura una star come Robbie Williams, ad un passo dal licenziamento. E' il lato oscuro del carrozzone rock. In Italia, la situazione è polarizzata. "C'è una piccola quota che continua a mantenere i propri redditi su cifre altissime", spiega Sangiorgi, "ma la forbice tra quei pochissimi e la moltitudine è sempre più grande. Basti pensare che in media, l'introito annuale dei musicisti italiani, è di 7.700 euro. Sono dati preoccupanti". Poche speranze, quindi, soprattutto per gli esordienti.

"La produzione musicale? Eccessiva"

Federico Guglielmi, firma storica del rock italiano e giornalista in prima linea per la crescita della musica underground, affronta la questione dal punto di vista generazionale. "Non è la musica in sé, artisticamente parlando, a essere alle corde, anche se in effetti la produzione è eccessiva oltre che troppo assestata su livelli di mediocritas non sempre aurea. A essere in crisi è la grande industria perché il disco inteso come oggetto interessa ormai solo a gente avanti negli anni - che comunque di solito dedica alla musica scarsa attenzione, perché presa da altre impellenze - e a una risibile percentuale di "feticisti". D'altronde, non è che negli ultimi dieci anni le major abbiano pensato granché alla qualità del catalogo futuro: con la loro politica improntata per lo più alla superficialità del prodotto e al guadagno immediato, si sono date da sole la zappa sui piedi... e la diffusione del downloading selvaggio - un fenomeno inarrestabile - ha fatto il resto".

La Melandri: ora sgravi per le etichette

La risposta della politica ai timori degli addetti ai lavori passa dalle parole del ministro Melandri. "Sono in via di definizione i regolamenti attuativi degli articoli della scorsa legge finanziaria che prevedono sgravi fiscali alle piccole etichette indipendenti. Un grosso sostegno andrà anche a tutti i giovani under 40 che producono reddito alternativamente, cioè con il diritto d'autore o con il deposito di un brevetto". Ma le cifre relative ai festival sono impietose. Secondo un'indagine di Audiocoop negli ultimi cinque anni hanno subito un calo del 30%. Un crollo verticale. "Il ministero delle politiche giovanili" ha detto la Melandri, "ha una piccola dotazione di risorse, che sono destinate secondo criteri di programmazione con gli enti territoriali. Il fondo per le politiche giovanili ha una quota che viene destinata per grandi macro-progetti. La mia intenzione, l'anno prossimo, è di prevedere una voce finalizzata al sostegno di una rete dei festival italiani. Una rete fondamentale".

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