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Vasco: genio o imbonitore?

Articolo di: Melisanda Massei Autunnali; pubblicato il 10/07/2004 alle ore 17:02:37.

Superata da alcuni anni la fastidiosa polemica che tendeva a porre Vasco Rossi in una dimensione ''maledetta'', contro-eroica, prescindendo totalmente dalla sua produzione artistica, il rocker di Zocca si trova nuovamente al centro di una nuova querelle.

Articolo di: Melisanda Massei Autunnali, autore di La Canzone Italiana, sito dedicato alla canzone italiana, con articoli, notizie, informazioni, interviste e storia.

Superata da alcuni anni la fastidiosa polemica che tendeva a porre Vasco Rossi in una dimensione "maledetta", contro-eroica, prescindendo totalmente dalla sua produzione artistica, il rocker di Zocca - quasi trent'anni di carriera alle spalle, milioni di dischi venduti, sold out per quasi tutti i suoi appuntamenti live - si trova - da un po' di tempo - nuovamente al centro di una nuova querelle, che, almeno questo, stavolta coinvolge la sua musica, ma appassiona i musicologi e musicofili di certo non meno della prima. Che sia un mito, non è da mettersi in dubbio: neanche il critico o l'appassionato più scettico oserebbe confutare questo asserto. L'illustre (o meno) esperto o aspirante tale, tuttavia, disco alla mano, non può trattenersi dall'interrogarsi sul motivo di tanto entusiasmo, e a seconda della propria sensibilità, formazione o cultura, non trova che due strade da scegliere, quella di giudicare la musica del signor Rossi come prodotto di facile fruibilità e perciò catalogabile con la minacciosa qualifica di "commerciale", o piuttosto non sia geniale, autentica e meravigliosamente unica. In definitiva, Vasco, o lo ami, o lo odi.

E noi lo amiamo. Lo amiamo perché ha portato, all'inizio degli anni Ottanta, una ventata completamente nuova, che non ha avuto bisogno di ripiegarsi di continuo su se stessa, per mantenere il successo, e tuttavia si è mantenuta su una linea coerente, lesinando sperimentalismi e strade che non sarebbero state in linea con l'uomo Vasco, continuamente al centro. Vasco Rossi rotto le corde del moralismo o del "messaggio positivo" per raccontarci senza ipocrisie la sua voglia di una vita spericolata, ha posto in primo piano un'autenticità fatta di rabbie, delusioni, desideri: con il suo personaggio, la sua musica, i suoi testi. A partire da un certo momenti, si è fatto soprattutto paroliere, posto anche l'ottimo sodalizio con Gaetano Curreri degli Stadio, che è una figura di primo piano tra i suoi musicisti, assieme a Tullio Ferro, Maurizio Solieri, e l'indimenticato Massimo Riva: ha privilegiato la sua vena espressiva essenziale, sfruttando meravigliosamente le risorse più impensate della lingua italiana, l'anacoluto ("liberi liberi siamo noi/ però liberi da che cosa/che cosa che", Liberi liberi, 1989), soprattutto, e costruendo sulle forme spezzate, le domande, le sospensioni, dei capolavori inarrivabili. Le ha vestite di un senso di amarezza profondo, di un disincanto pronto a trasformarsi in speranza, a riprova di uno sguardo sensibile sulle cose, che non è ancorato a un'immagine precostituita. Tutto questo è Vasco: e poi è molto di più. O molto di meno, a seconda delle vedute.

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