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Dalla tradizione salentina: AriaFriscA

Articolo di: Nunzia Procida; pubblicato il 06/08/2004 alle ore 02:51:48.

Il gruppo AriaFriscA nasce nel maggio del 2001 dall'entusiasmo di un gruppo di amici uniti da una forte passione: la musica.

AriaFriscA Il gruppo AriaFriscA nasce nel maggio del 2001 dall'entusiasmo di un gruppo di amici uniti da una forte passione: la musica. Questi, dopo essersi avvicinati per cammini diversi al patrimonio artistico e culturale della propria terra, il Salento, hanno scoperto l'interesse comune di ricostruire e riproporre le antiche melodie salentine. A guidarli nel loro cammino di ricerca ha contribuito molto il fascino dei ritmi e delle melodie appartenenti alla pizzica e alla taranta, nonché l'amore verso le proprie origini, il proprio passato. Le loro esecuzioni, caratterizzate dai dolci e vellutati suoni dei flauti e dei pifferi, dalle espressività canore, dalla vigorosa presenza dell'armonica, presentano una musica che oggi esisterebbe solo nella mente, e quindi nei ricordi, degli anziani del paese di Felline (città in cui ha sede il gruppo), se Daniele Marciano, da cui muove quest'intervista, e i suoi amici, non sentisse più l'esigenza, "il bisogno di riflettere sulla mia passione per la tradizione musicale salentina", com'egli stesso scrive nel Manifesto del gruppo.

Allora, Daniele, come ti sei avvicinato alla musica salentina? C'è stato un evento scatenante?

Nel 1998 ho visitato la festa di S. Rocco, a Torre Paduli, una delle principali feste in cui il culto del santo si coniuga alla musica e alla danza della pizzica. Per tutta la notte e fino al mattino, un mare di gente si muove tra le stradine allestite a festa. Qui i tamburellisti e gli altri musicanti aprono tra la folla un varco dove i ballerini danzano (è la cosiddetta "ronda"). Avevo visitato la festa anche negli anni precedenti, ricordo anche da bambino. Ma quella volta fu speciale. Insieme ad un mio amico, acquistai un tamburello. Lo stesso anno, quel mio amico mi chiese di suonare in un gruppo di musica salentina, ma non il tamburello, bensì la chitarra. Ma quel tamburello, non ho mai imparato a suonarlo..

Il nome del tuo gruppo dà l'idea di qualcosa di nuovo. Si tratta di una rinascita, di un'innovazione o di rottura col passato?

E' un po' tutte queste cose. E' una rinascita perché cerchiamo di non perdere mai il contatto con le "origini", ascoltando i canti tradizionali nella loro forma "pura", anche direttamente dagli anziani. Far questo, è un po' come farli rinascere. E' innovazione, perché credo che una tradizione musicale debba evolversi e rinnovarsi nel tempo. Infatti, quando per diversi anni una tradizione è stata "oscurata" da una cultura moderna e globale, è sicuramente necessario "ripescarla" e riproporla intatta nel presente. E' un po' come quando si restaura un castello o un palazzo storico. Tuttavia, credo che la sfida più difficile è quella di immaginare come quella tradizione si sarebbe evoluta se la cultura di massa non l'avesse tagliata fuori. E' un po' come cercare di "ricucire" una frattura, riallacciare un legame tra l'oggi e l'epoca in cui quella tradizione era viva e vegeta, immaginare cosa sarebbe diventata se invece di essere "sopraffatta" dalla cultura globale avesse avuto una pari dignità e forza per "dialogare" e confrontarsi con altre culture musicali predominanti. Facendo il paragone con il restauro di un palazzo storico, è un po' come far "dialogare" l'architettura moderna con i canoni architettonici tradizionali. Facendo questo, è inevitabile una certa "rottura" con il passato, ma non nel senso di una sua svalutazione,bensì nella consapevolezza che la storia va avanti e si costruisce nel "presente".

Il tuo è un lavoro di ricerca che impegna anche i tuoi amici, anche se richiama l'attenzione di numerosi studiosi: etnologi, antropologi, storici. da dove parte? A cosa mira? Come ci si muove in questi casi?

Questo rinnovato interesse per i riti e i simboli della cultura musicale salentina è certamente oggi oggetto di studio da parte delle scienze sociali. Osservare un fenomeno "dall'esterno" sicuramente permette di carpirne aspetti difficile da capire nel momento in cui lo si vive in prima persona. Fare questo può essere importante per far progredire la conoscenza, o per orientare le politiche culturali. Ma è vero anche il contrario, solo facendosi "protagonista" attivo di questo nuovo fervore musicale, è possibile viverne il "senso" autentico, le emozioni e le vibrazioni che nessun occhio "clinico" del ricercatore potrà mai "catturare". E' con la prospettiva di una simile "scissione" tra mente e spirito, razionalità e irrazionalità che personalmente mi pongo "di fronte" e allo stesso tempo "dentro" l'attuale rinascita della tradizione culturale salentina. La "mente" mi serve per ricercarla, capirne le varie sfaccettature, osservarla nella sua orgininaria purezza. Lo spirito mi spinge a "riviverla" con spontaneità nel presente e con il presente farla "dialogare".

La tradizione salentina è caratterizzata dalla presenza della pizzica e della taranta. vuoi illustrarci questo mondo? Credo che il brano "Antidotum Tarantulae" (tratto dal vostro ultimo lavoro "FIATA JENTU", 2003) sia molto interessante a riguardo.

"Antidotum Tarantulae" è una delle più antiche musiche di guarigione nate nell'alveo del tarantismo. Il tarantismo affonda le sue origini nel Medioevo. Descriverlo in modo sintetico comporta il rischio di "travisarne" un po' l'esatta descrizione storica. Tuttavia, rifacendomi al famoso studio di Ernesto De Martino (La Terra del Rimorso), sono almeno tre gli elementi fondanti di questo fenomeno: il mito della taranta e del suo morso, la terapia "popolare" fatta principalmente di danza, musica e colore, la "guarigione". Credendo di essere morsi dal ragno-taranta, la "medicina popolare" prescriveva che la guarigione potesse avvenire solo attraverso la musica (il tamburello, il violino, la fisarmonica) che "stimolava" una danza irrefrenabile fino a condurre ad uno stato di "transe". La terapia si svolgeva principalmente nelle abitazioni private. Tuttavia, le tarantate si recavano ogni Agosto a visitare la piccola chiesetta di S. Paolo al quale chiedevano di essere guarite intercedendo per loro la grazia divina. Nell'incontro con la religione, in chiesa, la precisa ritualità domestica veniva stravolta e le tarantate si lanciavano andare in grida, corse, arrampicate sull'altare e altre disordinate "follie". Ragionando oggi da una prospettiva psicologica, tutto questo non può che essere una forma di espressione e "guarigione" del "male di vivere" sorta all'interno dei ceti marginali delle piccole comunità salentine. Era il "male di vivere" soprattutto delle donne, più frequentemente morse dal ragno, oppresse da una cultura che le relegava in un luogo subalterno. Anche l'interesse attuale per i simboli e le ritualità dell'antico tarantismo, forse nasce dal "disagio interiore" moderno, il quale ricerca una via di espressione e di liberazione, ritrovandola, quindi, anche nella propria storia.

Daniele, molte canzoni sono firmate da te (sia per quanto riguarda i testi che gli arrangiamenti) e da altri componenti del gruppo: Mauro De Filippis, Salvatore Trianni e Mino Scanderebech (classe 1988!). Cosa vuol dire lavorare sul passato, col passato per poi presentare una musica che appartiene al presente?

Vuol dire "riscattare" una cultura nata dal popolo e per un intera epoca offesa nella sua "dignità" della cultura moderna predominante.

Considerando il fatto che la musica folkloristica e in primis quella "ancora da scoprire" è prevalentemente anonima e frutto di una trasmissione orale, come può essere tutelata, onde evitare che qualcuno possa apporle la propria firma?

E' un problema al quale gli organismi preposti alla tutela del diritto di autore non hanno dimostrato ancora sensibilità. Purtroppo, oggi la tutela è a beneficio del singolo autore. Non è ancora prevista la tutela di una tradizione musicale locale. Sarebbe ora di pensarci. Il rischio di "appropriazioni" indebite è reale. Allo stato attuale, l'unico modo per tutelare un brano tradizionale sembrerebbe quello di "rielaborarlo" e, come tale, registrarlo presso la SIAE. Tuttavia, si tratta di una soluzione inefficace. La SIAE, infatti, potrebbe tutelare quella specifica rielaborazione, ma non il brano tradizionale originario, il quale potrebbe tranquillamente essere ripreso e rielaborato diversamente, fino ad apporre il proprio personale diritto di autore.

Qual è il messaggio della tua musica?

E' un messaggio che non riesco ad esprimere con le parole, per questo lo affido insieme agli Ariafrisca alla musica. E' per questo motivo che desideriamo continuamente sapere cosa provano gli altri ad ascoltarla; è come se grazie a chi ci ascolta ricercassimo quel qualcosa di "inesprimibile" che non riusciamo ad afferrare a pieno da soli e che desidera comunque venire fuori attraverso la musica.

Chiunque volesse approfondire e assaporare le note di questo gruppo può collegarsi al loro sito: www.ariafrisca.it dov'è possibile trovare qualche minuto delle loro canzoni e qualche notizia in più riguardo all'accattivante mondo della pizzica e della taranta.