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Intervista a Tao

Articolo di: Alberto Barina; pubblicato il 16/06/2005 alle ore 18:38:59.

Tao

Giovane rocker, pubblica nel febbraio di quest’anno il suo primo album “Forlìverpool”; 14 brani carichi di nostalgia ed amore per la musica e le sonorità anni ’60.

Anzitutto prima ancora di partire con la vera e propria intervista, mi sembra giusto che tu ti debba presentare, svelandoci quando nasce la tua passione per la musica e magari qualche episodio legato ai tuoi esordi.

Posso tranquillamente dire che la mia è stata una "folgorazione": dopo aver ascoltato alla radio "Help" dei Beatles è scoccata la scintilla...ed è nato il mio folle amore per la musica. Non credo sia stato un caso che mi sia innamorato di una canzone che allora, pur senza capirne ancora le parole, suonava alle mie orecchie come un disperato grido di aiuto...ed è stata proprio Lei, la Musica a salvarmi.

Come mai hai scelto il nome d’arte “Tao” che farebbe pensare magari ad una musica più, come dire, new age, piuttosto che rock melodica come quella che invece proponi tu

Il simbolo taoista dello Yin-Yang è un qualcosa che mi ha sempre affascinato fin da bambino. Crescendo ho scoperto che la mia vita è una costante espressione del "Tao", che vuol dire "via", "percorso", "cammino". Trovo sia più importante desiderare qualcosa che possederla. E trovo che spesso raggiungere una meta voglia dire finire un viaggio...per poi iniziarne un altro. In altre parole, ho sperimentato sulla pelle che tutte le cose più belle e più intense le ho vissute dopo un grande dolore. Spesso per poter far entrare la gioia nella tua vita hai bisogno di guardare in faccia la sofferenza.

Immagino, che anche per te, come per molti altri tuoi colleghi, ci siano state delle difficoltà, delle porte in faccia sbattute, prima di arrivare a firmare un contratto con un’etichetta discografica che poi ha deciso di pubblicare la tua opera prima. Ci vuoi parlare del cammino che ti ha portato a realizzare “Forlìverpool”

Il fatto è che le porte in faccia non finiscono certo con la pubblicazione di un disco, anzi! Ti arrivano porte in faccia dalle radio e le tv che "non hanno spazi" per passare le tue canzoni (però passano la merda di certe major). E ti arrivano porte in faccia dalle agenzie di spettacolo che non ti fanno suonare dal vivo perchè non hai il singolone in heavy rotation su “Radio Deejay”. A parte questo, ti dico con grande soddisfazione che l'etichetta che ha pubblicato il mio primo disco "Forlìverpool"....è la mia! L'ho aperta apposta, insieme ad Andrea Basile, per fare uscire un disco che non poteva e non doveva stare nel cassetto per tanto altro tempo.

Come mai la tua musica trae ispirazione dal rock degli anni ’60 e si nutre della linfa di personaggi come J. Lennon e George Harrison? Parlaci di come vivi questi anni ’60…

Amo tutto di quel periodo: la musica, la cultura e la controcultura, il modo di vestire, i sogni, le speranze dei ragazzi di allora, il fermento di idee e di passioni (spesso in contraddizione fra loro) di una generazione che ha lasciato un segno indelebile nella storia. Cerco nel mio piccolo di vivere una vita piuttosto "sixties" e di guardare il mondo con gli occhi di un bambino....quando ci riesco, vengono fuori delle gran canzoni.

Oggi invece sembra andare tanto di moda il pop, il tormentone radiofonico che quasi mai ha basi musicali rock, che ne pensi a tal proposito? Ti senti un po’ in disparte per non rispondere con la tua musica alle esigenze del mercato?

Non è la mia musica a non rispondere alle esigenze del mercato, è il mercato che non risponde alle mie esigenze e soprattutto a quelle del pubblico. Ho innumerevoli testimonianze di quanto la gente si sia davvero ‘rotta i maroni’ della spazzatura che passa in radio e in tv: un vero insulto all'intelligenza e al buon gusto. Ed ho davvero tanti riscontri di quanto la mia musica sia tutt'altro che ostica...

Una tua personalissima opinione sulla crisi vera o presunta delle vendite dell’attuale mercato discografico, e qual’ è secondo te il motivo scatenante di questa crisi?

E' sempre esistito colui che ha talento e colui che sa come imbrigliarlo. Diciamo che i discografici e le radio hanno prima reso schiavo l'artista ed infine l'hanno ucciso. Fortunatamente di Artisti ne esistono ancora...pochi ma esistono. Questo è secondo me il motivo principale, poi internet e le troppe uscite di troppi finti artisti hanno fatto il resto.

La musica è madre?

La musica è madre, amante, moglie...e le canzoni che nascono dal nostro rapporto sono i miei figli....

Tra le canzoni del tuo album hai scelto di eseguire una canzone dei mitici “Rokes” “Ma che colpa abbiamo noi”, dandole un taglio ancora più grintoso e rock…la scelta è casuale oppure c’è qualcosa di specifico che ti lega a questo brano?

Quando da bambino ascoltavo "Che colpa abbiamo noi" scoppiavo a piangere: mi sentivo perseguitato dai litigi dei miei, dal senso di inadeguatezza che avevo nei confronti degli altri bambini, dalla mia timidezza, dalla mia sensibilità eccessiva...Ho pensato bene di riproporre questa splendida canzone in chiave punk-rock per dare un segnale: anche un ragazzo, un uomo, un vecchio possono sentirsi incolpevoli di fronte allo scempio che "i potenti" stanno compiendo ogni giorno. Chiunque può dire basta, a qualsiasi età e con una chitarra in braccio....nel videoclip di "Che colpa abbiamo noi", oltre a Shel Shapiro, c'è anche mio papà che saltella con addosso una chitarra heavy-metal anni '80!

Passando ad analizzare i tuoi testi, molto autobiografici, emerge in essi molto nitidamente l’immagine di una donna che a volte è chiaramente specificata, altre volte è più sfuggevole, ce ne vuoi parlare e dissolvere così il mistero?

Beh, le donne di cui parlo sono dolci, bastarde, indipendenti, oppressive, perdute, ritrovate, evanescenti, passionali...ma sempre e comunque "irrinunciabili". Insomma donne che non posso non amare. Un pò come la Musica, un pò come mia madre.

Ho scelto cinque brani del tuo album che ti chiedo di presentarci e di commentare. I brani sono “Innescami”, “Primo amore”, “Velvet”, “Se l’amore fosse un bluff” e “Il male che ho di vivere”.

"Innescami" parla di una bomba pronta ad esplodere nello stomaco del protagonista: una metafora dell'amore...un amore che ti squarcia dentro, qualcosa che hai sempre desiderato, qualcosa che ti proietta a chilometri e chilometri da terra...per andare su "a toccare gli angeli".
"Primo Amore" è la canzone più "taoista" del disco: l'amore per mia madre (il mio primo amore) si unisce al dolore immane per la sua perdita. Ma si traforma in qualcosa di più grande ancora. Ora lei è definitivamente "parte di me".
"Velvet" è la storia vera di una ragazza di 17 anni molto disinibita e assai ribelle. Apparentemente felice di questa sua condizione ma in realtà profondamente sola e terribilmente dolce.
"Se l'amore fosse un bluff" ovvero la domanda del secolo...E se l'amore non esistesse? Se fosse solo una costruzione mentale dell'uomo. Certo è che personalmente rifiuto la rappresentazione "farlocca" dell'amore: usa e getta, fatta di parole ad effetto...proprio come i dialoghi di un film.
"Il male che ho di vivere" l'ho tenuta come chiusura del disco perchè è una deflagrazione emotiva a tutti gli effetti: la disperazione per la perdita delle persone e degli affetti, è il segnale del tuo essere vivo. Sentirsi addosso il "male di vivere" vuol dire rifiutare un modo di vita preconfezionato. Vuol dire amare la vita nei suoi aspetti più autentici, più veri, anche se a volte sono anche i più dolorosi.

Una tua collega cantautrice, nel dedicare una canzone al padre che non c’è più, ad un certo punto nei versi della sua canzone dice: “La fine cambia verbi, prospettive, angolazioni…”. Io ti chiedo quanto la musica ti è stata d’aiuto per superare il dolore del distacco di una persona cara e soprattutto quanto e se le tue angolazioni e prospettive musicali si sono modificate?

Direi che le mie prospettive musicali sono iniziate proprio quando è finita la vita terrena di mia madre. La Musica è stata ed è tuttora "la dimora" dove le persone care perdute abitano e, cosa ancora più importante, ne è la Voce. Quando suono dal vivo sento ancora più forte questa presenza, specie quando canto ad occhi chiusi...il pubblico, che non è stupido come si pensa, percepisce questa vibrazione e si lascia andare...ho visto gente piangere su "Primo Amore", "Il male che ho di vivere" e soprattutto "Bello"...io non sono stato da meno....

Da buon romagnolo sei anche una buona forchetta, e credo tu non possa dire di no, visto che nelle foto che ti ritraggono del booklet del cd, c’è proprio una sequenza di foto, anche se vogliamo un po’ ironiche, che ti ritraggono alle prese con “lambrusco e strozzapreti” giusto? Ma la di là di questo, dacci invece una tua personalissima ricetta per “costruire” una buona canzone, visto che oltre ad essere autore dei testi sei autore anche della musica e suoni un sacco di strumenti.

Non esistono regole per scrivere una canzone. Diciamo che un buon "cuoco di musica" deve essere bravo a catturare l'ispirazione, a carpire il proprio stato d'animo quando è gonfio di umori. Sì, una canzone è un pò come un buon piatto, dev'essere genuina. Personalmente nelle canzoni metto sempre ingredienti ricchi di sostanza e senza trucchi. Diciamo che non amo molto nè gli Ogm nè il Fast Food...

Cosa sentiresti di dire ad un giovane che come te vuole intraprendere la strada della musica?

Gli direi di mettersi in testa che se vuole intraprendere questa strada deve aver voglia di camminare a lungo. E soprattutto gli direi che la gioia dell'andare dev'essere più forte del desiderio di arrivare.

Se dovessi presentare attraverso uno slogan pubblicitario il tuo cd, cosa diresti?

No ti prego! Sono costretto già a fare il discografico di me stesso, non ce la faccio proprio a farmi pubblicità da solo! Preferirei che fossi tu a suggerirmi qualcosa...Comunque, do un piccolo suggerimento al pubblico: se gli occhi sono lo specchio dell'anima, direi che le emozioni che la copertina del disco dà sono lo specchio della musica contenuta in esso.

Un autore, cantautore italiano che stimi o che apprezzi particolarmente con il quale vorresti magari collaborare in futuro?

Potrei citare i più blasonati, però in questo momento dico Alberto Fortis, col quale sto già collaborando...come chitarrista nel tour estivo che parte ora!

I tuoi testi nel booklet sono accompagnati anche da delle citazioni di famosi autori, vedi Gibran, Ovidio etc, quindi deduco tu sia un attento lettore e ami in maniera particolare la letteratura. Dacci magari il titolo di qualche libro assolutamente da leggere

Non sono un folle amante della letteratura, anzi sono un lettore piuttosto "disordinato". Ti posso dire che le mie letture sono molto spesso legate alla musica: biografie ed autobiografie (quella di Bob Dylan è splendida!), libri "infarciti" di gusto musicale (come "On the road" di Kerouac), libri legati alla Beat Generation (Ginsberg, Pivano e lo stesso Kerouac). Ma soprattutto testi di canzoni..."We learned more from a three minute record, baby, than we ever learned in school" (Abbiamo imparato di più da una canzone di tre minuti, ragazza, di quanto mai abbiamo imparato a scuola). Di chi è questa frase? Ma non può essere d'altri che del Boss...Mr Bruce Springsteen!

Come lo immagini il tuo prossimo album?

Lo immagino più diretto ed "estremo". Voglio enfatizzare maggiormente la matrice rock di certe canzoni per poi prediligere su altri pezzi l'aspetto acustico. Voglio utilizzare di più il pianoforte e l'hammond, che danno profondità e calore al sound. Inoltre sui testi voglio liberare maggiormente il coraggio, l'originalità e l'ironia...insomma è meglio che discografici e dj comincino a cagarsi addosso!

Sito ufficiale: www.taovox.com

Un grazie per l'amichevole e gentile collaborazione per la realizzazione di questa intervista a TAO.