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Alan Zamboni: Mise en abyme

Articolo di: Alberto Barina; pubblicato il 04/04/2006 alle ore 16:16:13.

Il cd di Zamboni è ben suonato ed arrangiato e naviga placido e tranquillo nelle acque del jazz, di un jazz a tutto tondo, di un jazz che non stanca e non disturba, forse perché diluito anche con atmosfere da pianobar-orchestrina e si concede pure qualche virata valzereccia e da chansonnier, come in "Tempi d'Acabalda" (sicuramente uno dei brani più originali), oppure dirotta in fugaci territori bossanoviani-etnico-samba come in "Tanga" o in "Quel che resta".

Alan Zamboni: Mise en abyme

Artista: Alan Zamboni
Album: Mise en abyme
Etichetta: Autoprodotto
Data di uscita: gennaio 2006

"Le faccio una canzone, ci metto le gambe e il naso che si allungano e si accorciano a seconda del caso. E a caso scriverò giurando il falso e il vero e che ogni rima sia la condanna di un pensiero..."

"Tutto il resto...è colpa mia". Così scrive Alan Zamboni alla fine del booklet del suo cd e...siano le benvenute queste colpe!

Ammettiamole le colpe di chi sa cantare e scrivere con gusto; si, perché, oggi come oggi, sembra quasi vogliano far sentire in colpa tutti quelli che sanno far bene il "mestiere" del cantautore, o che almeno tentano di non adagiarsi sugli allori dei clichè dell'apparire (siliconando la musica) a tutti i costi.

Il cd di Zamboni è ben suonato ed arrangiato e naviga placido e tranquillo nelle acque del jazz, di un jazz a tutto tondo, di un jazz che non stanca e non disturba, forse perché diluito anche con atmosfere da pianobar-orchestrina e si concede pure qualche virata valzereccia e da chansonnier, come in "Tempi d'Acabalda" (sicuramente uno dei brani più originali), oppure dirotta in fugaci territori bossanoviani-etnico-samba come in "Tanga" o in "Quel che resta".

Nel curriculum di Alan, vi leggo poi anche numerosi premi ricevuti a concorsi letterari e poetici...ed ecco la seconda colpa! Il poeta che è anche cantautore, si ritrova con un fardello, una spada di Damocle che gli pende sulla testa ma che gli regala una consapevolezza in più, una marcia in più; soppesa dunque maggiormente le parole, sente fluire meglio la musicalità del verso e nelle canzoni di Zamboni tutto ciò è piacevolmente avvertibile. Si sentono i giochi di parole, gli audaci accostamenti ironici che convincono e che costituiscono sicuramente il punto di forza di molti testi, anche se in alcuni il discorso sembra andare un po' per le lunghe e risultare alla fine un po' prolisso, ma è un peccatuccio veniale che gli concediamo.

Partiamo dunque da "Tanga", titolo molto ironico per un brano che in maniera disincantata pone proprio l'accento sulla difficoltà di essere artisti oggi e sull'amara constatazione che non si può fare molta strada... "Se ci manca quello sguardo figo dei professionisti e la cocciuta determinazione di incapaci narcisisti...o il tirarsela quel tanto da sembrare veri artisti". Tutto il brano è un continuo rimando critico e semi-serio alle troppe icone del business musicale ed alla discografia odierna.

Così anche in "Quel che ci resta" il mondo della musica e dell'arte sono evocati generando strane commistioni tra caotiche e poco rassicuranti visioni quotidiane e il tentativo di trovare una via d'uscita a... "scampoli scampati a versi scuciti". Il mondo insomma è così poco incline alla poesia ed all'arte in genere, che se ci tolgono anche il diritto di giocare un po' con la nostra lingua, di arrampicarci un po' sugli specchi delle rime e delle assonanze, davvero è la fine...

Ascoltiamoci dunque la malinconica e (s)violin(ante) "Trasloco d'autunno", canzone che inizia con una sottile considerazione: "Chissà perché le zampe dei cani sono sempre incredibilmente attratte dal cemento fresco?", per lasciare intravedere una storia d'amore... "spendibile, discutibile, risibile, immarcescibile, appellabile...".

Poi c'è "Charlie", sulla quale non mi avventuro ma, che vagamente potrebbe far pensare ad un Bukowski. Mentre nei milioni di supermercati, negli scomparti sempre molto pieni e nelle buste molto vuote, del brano: "Canzone senza fili", mi viene da immaginare il sottile disadattamento al tran tran della vita moderna del nostro artista alla stegua di un Marcovaldo di Calvino.

Tutt'altro clima si respira invece in "Luce di lucciola", canzone in cui aleggia uno strano spirito Deandreiano (è probabile che un brano come questo un De Andrè forse lo avrebbe pure cantato volentieri). Zamboni qui se la cava egregiamente, parlando di una meretrice e svelando la sua storia attraverso immagini semplici, efficaci mai scontate e sottilmente poetiche: "...ma il mio cd è il rumore dei vostri freni.../E per ognuno che mi ha comprato le ali sono caduta morta sul selciato dei vostri viali...".

Ma buona parte delle canzoni, come si diceva, rivelano versi, metafore, accostamenti indovinati che con molta perspicacia hanno però il potere di far riflettere e pensare e finiscono per trovare il tuo consenso e per strapparti qua e là un sorriso.

Personalmente avrei visto bene come traccia conclusiva del cd "Lo so che non la vuoi questa canzone"...è così circense ed acrobatica, funambolica, così "delfinante" ... chiusura migliore non ci sarebbe potuta essere se non proprio con i versi: "ma i soldatini morti io, a volte, li rimetto su, tanto vivon due minuti poi...cadono giù".

Zamboni sa quanto sia importante non prendersi troppo sul serio, ma quanto invece da un punto di vista musicale sia necessario fare sul serio. Se c'è qualcuno che potrebbe avere una colpa qui, è senz'altro quel discografico che fa in modo che un cd come questo non sia disponibile con maggior facilità nei negozi e possa di conseguenza essere fruibile da molta più gente. Questa è forse la colpa più vera e più grossa!

Tracklist:
  1. Tempi d'Acabalda
  2. Canzone senza fili
  3. Il tuo universo
  4. Charlie
  5. D'inverno
  6. Tanga
  7. Luce di lucciola
  8. Quel che resta
  9. Elal (o Alel)
  10. Trasloco d'autunno
  11. Lo so che non la vuoi questa canzone
  12. Matilda

Sito internet: www.alanzamboni.it