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Intervista a Roberta Alloisio

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 17/11/2007 alle ore 14:20:58.

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Roberta Alloisio, genovese, ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto, articolato sul doppio binario delle attivita' che la vedono impegnata sia come attrice che come cantante. In occasione dell'uscita discografica del suo primo album da solista "Lengua serpentina", ci ha concesso un'intervista che volentieri presentiamo.

Roberta Alloisio

Roberta Alloisio, genovese, ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto, articolato sul doppio binario delle attività che la vedono impegnata sia come attrice che come cantante. In occasione dell'uscita discografica del suo primo album da solista "Lengua serpentina", ci ha concesso un'intervista che volentieri presentiamo.

La musica e il teatro si inseguono e si intrecciano inestricabilmente nella tua carriera e nella tua vita. Quali i motivi di questo duplice amore?

Mio padre faceva teatro, nel dopoguerra scriveva e organizzava spettacoli. Mia madre cantava e si presentò per un provino. Da lì nacque la loro storia d'amore e 3 figli... Per loro è sempre stata una passione, mai sfociata in una vera e propria professione, ma in casa nostra teatro e musica sono sempre stati presenti. Se devo parlare su un piano più istintivo direi che il teatro mi attrae per quella meravigliosa possibilità del silenzio, per la sua nudità, per la cura di ogni dettaglio. Penso al meraviglioso rigore di Gaber... Nella musica sento un'energia differente, qualcosa di potente, che tende a crescere, a salire, la fine di un concerto è sempre una gioia infinita. E poi il canto è un mezzo potentissimo, che gli attori spesso ci invidiano, in un attimo arriva al cuore.

La lingua dialettale è un po' come un fiume carsico, che periodicamente riaffiora nella produzione musicale italiana per poi inabissarsi e sparire. Mi piacerebbe sapere cosa rappresenta per te il dialetto.

Lo sentivo parlare in casa da mia madre e da mia nonna, ma lo sentivo come una cosa lontana che non mi apparteneva. Poi con Tonino Conte e il Teatro della Tosse ho scoperto che quello strano imbarazzo che avevo a volte nel recitare svaniva se usavo il dialetto, usciva da me una natura più istintiva e potente, come se le donne genovesi che mi abitavano fossero decisamente "toste". Lavorando con i ragazzi delle scuole ho capito che anche a loro succedeva, si scioglievano in un attimo, anche se nella loro realtà lo parlavano poco, pochissimo. Come se ci fosse una memoria profonda, che ci lega comunque alle nostre radici. Ho quindi capito che rappresentava una straordinaria chance espressiva, che ho portato anche nel canto. Del resto basta sentire il brano che da il titolo all'album "Lengua Serpentina", il ritornello contiene la parola amore in lingua e in dialetto. Sembrano due donne diverse....

Ancora sul dialetto. Si può conciliare una lingua come il dialetto, che caratterizza una comunità ristretta, con la globalizzazione da un lato e con il dialogo interculturale dall'altro?

La mia sensazione è che una delle caratteristiche delle storie "piccole" oggi, sia proprio l'autenticità. Facilmente una storia piccola, molto connotata, saprà comunicare temi fondamentali, che appartengono a tutti. Parlerà con la potenza dell'esperienza e dell'emozione. Sarà vecchia e nuova insieme, facile da riconoscere con la parte più antica di noi. Tutto questo crea inevitabilmente una comunicazione semplificata e quindi maggior dialogo. Del resto con i nostri concerti stiamo girando tutta l'Italia e l'Europa con il medesimo risultato, e non capita solo a noi...

Nelle note per la stampa, in riferimento al tuo cd si legge la parola, ormai purtroppo inflazionata, "contaminazione". Puoi chiarire in che senso questa espressione esprime l'anima o comunque (credo) la linea di forza della tua musica?

La storia dei genovesi è una storia di contaminazione continua. Nel nostro dialetto ci sono influenze di origine greca, araba, spagnola..... Noi stessi abbiamo "contaminato" con le nostre usanze i popoli che abbiamo incontrato (una curiosità: a Sudak in Ucraina c'è una Fortezza fondata dai genovesi nel XIV secolo. Lì fanno ancora il pesto, esattamente come noi, solo viene fuori viola, perché la pianta cresce di quel colore...). Pensa che nel 1200 l' Anonimo Genovese scriveva che a Genova le strade vicine al porto erano così piene di stranieri venuti a vendere le loro merci che quasi non si riusciva a camminare.....

Una domanda forse banale, ma che viene spontanea leggendo il tuo curriculum. Come mai hai aspettato tanto a realizzare un tuo cd?

Perché sono codarda! Credo anche che il processo dell'autonomia creativa sia un'esperienza molto particolare e personale, può capitarti a 15 anni come mai... Io sono una sorella d'arte. Mio fratello (Gian Piero Alloisio) a 18 anni ha scritto "Venezia" per Francesco Guccini, io avevo 10 anni... Sono cresciuta nel mito di questo fratello talentuoso e genialoide, difficile autorizzarsi a fare qualcosa... Mi sono accorta però che in tutti gli anni di collaborazione con lui e con gli altri io in realtà stavo affinando il mio stile. E ora che ho scelto di uscire allo scoperto scopro stima e curiosità verso il mio lavoro, quasi che il mio essere un po' schiva mi abbia protetto da scelte banali.

Puoi descrivere il rapporto con i musicisti e con quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo disco?

Intenso, viscerale. Li ho scelti perché sentivo muovere qualcosa nella pancia. Sentendo l'Orchestra Bailam ho avvertito un'energia debordante, una vitalità estrema (e poi a me sembrano tutti bellissimi...). Quando li ho incontrati avevo già in mente il progetto di "Lengua Serpentina" . Sceglierli è stato un attimo. Grande riconoscenza e gratitudine per Franco Minelli, che ha curato quasi tutti gli arrangiamenti e composto parte dei brani, e per Edmondo Romano, con cui collaboro anche per altri progetti. E poi Marco Beasley! Un incontro incredibile. C'è un suo brano, "La Carpinese", che ho amato follemente al primo ascolto, rimanendo colpita dalla bellezza della sua voce. Su Internet ho capito che era effettivamente considerato uno dei cantanti di musica antica più importanti a livello internazionale. Me lo immaginavo a Parigi, a Londra, a Napoli... e invece abita a Genova, sotto casa mia! Marco mi ha regalato il suo talento, ma anche grande fiducia. E soprattutto con la sua presenza ha costretto gli autori a scrivere due pezzi bellissimi!

Un'altra parola che non viene pronunciata esplicitamente, ma che traspare da tutte le tua attività, è "impegno". Me lo confermi? In che modo pensi che ci si possa impegnare all'interno di una società che appare sempre più corazzata nei confronti di ogni cambiamento?

Credo assolutamente nel potere di trasformazione dell'arte. Credo lo si debba fare tutti, per come possiamo, per come ci piace. Aprire squarci improvvisi su argomenti importanti che possano coinvolgere la vita e l'anima delle persone, rientra nella normale responsabilità di chi si occupa di comunicazione. Si può farlo senza pesantezze ma bisogna osare, avere il coraggio di proporre con gioia (e un pizzico di incoscienza) anche temi e linguaggi apparentemente difficili. Stupisce a volte l'indipendenza dei cuori! Però ribadisco l'importanza del "piccolo". Non importa se raggiungo 100 persone o 2000, non importa se mi esibisco in un museo o in uno stadio. Conta il mio fare. Credo che alla fine un artista sia giudicabile solo in base a questo. Ed è anche la nostra salvezza, perché questo non ci costringe a cercare ossessivamente un successo che magari non ci appartiene. È una grande libertà!

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