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L'elettronica sperimentale come esperienza mistica, intervista ai Militia

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 13/10/2008 alle ore 09:29:05.

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I Militia sono una band di Perugia, poco nota al grande pubblico, ma meritevole di attenzione, sia per la sua lunga militanza musicale, sia per l'inesausta sete di ricerca e di innovazione di linguaggio che l'ha portata a risultati importanti e significativi.

Militia - Namu / Namasthe + Dathu

I Militia sono una band di Perugia, poco nota al grande pubblico, ma meritevole di attenzione, sia per la sua lunga militanza musicale (è nata circa venticinque anni fa), sia per l'inesausta sete di ricerca e di innovazione di linguaggio che l'ha portata a risultati importanti e significativi. Ora, a distanza di sei anni dal precedente disco, "4:48", realizza un doppio cd, "Namu / Namasthe + Dathu" (Materiali sonori), in cui la band, composta da Dario Cavicchi (tastiere, programmazioni, voce), Fabrizio Croce (tastiere, campionature, voce) e Giovanni Romualdi (basso e chitarre), sono affiancati da artisti quali Nobukazu Takemura (elettronica), Enrico Fink (voce), Roberto Laneri (fiati), Giancarlo Palombini (ciaramella e cornamusa). Il primo dei due dischi contiene tutti brani inediti, mente il secondo comprende demo e versioni live di brani già conosciuti.

Disco colto e interessante, che stuzzica la mente e produce intense emozioni. Abbiamo intervistato Fabrizio Croce.

Per chi non conosce il percorso musicale dei Militia ti chiederei di delineare le tappe e gli aspetti a tuo parere più significativi del percorso di ricerca del gruppo dagli esordi a "4:48".

Si possono delineare tre fasi ben distinte: la prima, fino al 1988, che vede un gruppo giovane ed inesperto, fortemente influenzato dalla new wave inglese ed armato di entusiasmo da vendere; la seconda, fino al 1993, che vede un gruppo rock in crescita, evolutosi nella ricerca musicale, approdato per affinità di vedute alla Materiali Sonori e aperto a contaminazioni imprevedibili; la terza, che porta ad oggi, che vede un gruppo di musicisti maturi, affiatati da una collaborazione trentennale, ancora curiosi come ragazzini e costantemente aperti a nuovi progetti ed a nuove sfide.

"4:48" è uscito ben 6 anni fa. Quali le cause di una così lunga interruzione? Una necessaria messa a punto di alcuni aspetti della vostra musica o nel frattempo vi siete concentrati su altri progetti?

Nei giorni in cui usciva 4.48 è nata un'amicizia con Nobukazu Takemura e contestualmente l'idea di fare qualcosa insieme: lavorare su questo progetto è stato estremamente laborioso vuoi per il perfezionismo che ci contraddistingue, vuoi per sopravvenute buone nuove (la nascita di due figlie rispettivamente a Giovanni e Dario).

Un cd doppio non è cosa da tutti i giorni. Cosa vi ha spinto a realizzare un'opera così ponderosa e impegnativa come "Namu/Namashte + Dathu"?

È una scelta in controtendenza, ma sentivamo l'esigenza di raccordare il lavoro attuale alle nostre origini; noi, almeno come attitudine ed istinto, ci vediamo una continuità e volevamo rendere omaggio ad una parte della nostra storia musicale che non aveva mai visto la luce. Da qui l'idea di affiancare al nuovo progetto una sorta di antologia di inediti e rare incisioni.

In che modo la componente strumentale e la voce entrano reciprocamente in contatto intimo e dialettico nella vostra musica? Quali componenti della voce avete potenziato o almeno privilegiato per trovare una così convincente sintonia con i timbri e in generale i suoni degli strumenti?

Posto che ci dichiariamo ancora orgogliosamente autodidatti, ognuno di noi ha maturato in tutto questo tempo un proprio stile esecutivo e compositivo, dove la voce riesce ad entrare spesso come elemento di coesione o come proiezione di un'idea melodica; da molti anni poi siamo affascinati dall'uso di campioni vocali estratti dal contesto originario ed importati nel nostro mondo musicale.

Credo che sarebbe utile precisare, per quanto possibile, i riferimenti culturali e musicali che stanno dietro la realizzazione di questo (di questi) cd. Si tratta di una richiesta spesso considerata poco simpatica e troppo intrusiva, ma credo che potrebbe aiutare l'ascoltatore ad accostarsi con maggiore consapevolezza alla vostra musica.

Alla base del progetto c'è l'idea di mettere a fuoco la relazione ancestrale, eterna tra l'uomo e la divinità, l'ultraterreno; è una sorta di viaggio attraverso canti sacri, inni, preghiere che legano popoli e tradizioni diverse nel segno di una comune ricerca, di uno stesso fine. Non c'è però intento didascalico in tutto questo, abbiamo mantenuto una visione laica alla base di questo percorso e lo manifestiamo creando un filo comune sonoro che lega tante possibili chiavi di lettura e che contraddistingue ogni lavoro dei Militia realizzato negli ultimi dieci anni.

Un'ultima curiosità: potete chiarire i significati che si celano dietro la copertina del vostro disco, tanto bella e suggestiva quanto inquietante?

L'immagine è tratta da un'opera intitolata "Mysterious world" realizzata dall'artista ucraino Sergei Sviatchenko, danese di adozione ed autentico giramondo: ci siamo conosciuti alcuni anni fa, ci è piaciuto reciprocamente il modo di lavorare e quell'immagine, trovata tra i suoi lavori, calzava a pennello alla natura mistica e misteriosa del nostro lavoro, a cominciare dal suo titolo che evoca la spiritualità di altri tempi e di mondi lontani.

Link: Militia Myspace