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Piccola Orchestra La Viola: intervista ad Alessandro D'Alessandro

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 10/11/2008 alle ore 14:32:36.

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La Piccola Orchestra La Viola pubblica presso Il Manifesto Cd un ottimo disco, intitolato Arova', in cui la ricca formazione di musicisti e' affiancata da importanti collaborazioni, come quelle di Riccardo Tesi, Daniele Sepe e Peppe Barra.

Piccola Orchestra La Viola - Arovà

La Piccola Orchestra La Viola pubblica presso Il Manifesto Cd un ottimo disco, intitolato Arovà, in cui la ricca formazione di musicisti è affiancata da importanti collaborazioni, come quelle di Riccardo Tesi, Daniele Sepe e Peppe Barra. Si tratta di un percorso musicale appassionante sospeso tra la tradizione e la ricerca personale, tra il recupero del passato e il bisogno di innovazione. Un disco raffinato e appassionante, colto e popolare, che viene descritto con precisione e con passione da Alessandro D'Alessandro in questa intervista che pubblichiamo in forma integrale.

Potete presentare ai lettori una breve storia della vostra Piccola Orchestra? Quando si è formata, con quale progetto, chi ne ha fatto parte e così via.

Il progetto "Piccola Orchestra La Viola" nasce nel 1994 da un'iniziativa di Antonella Costanzo (voce solista) e di Alessandro Parente (direttore e compositore). Lo scopo è quello di creare una formazione stabile con una particolare attenzione alla riscoperta delle nostre radici culturali e musicali, quindi (almeno in partenza) legata strettamente alla musica popolare. Strumento sul quale si è concentrata la ricerca maggiore (anche vista la notevole presenza nel gruppo) è l'organetto.

La collaborazione discografica con Angelo Branduardi nel 2000 nel disco "L'infinitamente piccolo" (EMI), in cui la POLV incide un brano scritto da Alessandro Parente, apre la strada ad un forte cambiamento della formazione, che subirà negli anni molteplici trasformazioni. Attraverso un percorso durato quasi 15 anni ha raggiunto una stabilità di organico.

La POLV oggi è: Antonella Costanzo (voce solista), Alessandro Parente (direttore), Alessandro D'Alessandro (organetto solista), Elisa Di Bello, Giuseppe Di Bello, Gianfranco Onairda, Silvia Di Bello, Laerte Scotti, Francesca Villani, Stefania Pisanò, Rosalba Punzo, Matteo Mattoni (organetti), Giacomo Nardone (organetto, bassoon), Valentina Lauri, Maria Sole La Torre (percussioni), Daniele Chiantese (cocktail drum) e Mario Mazzenga (basso elettrico).

Quindi nel tempo sono stati affiancati agli strumenti della "tradizione", strumenti "moderni" come il basso e la batteria, o strumenti "nuovi" come il bassoon (un organetto basso costruito appositamente per la POLV).

Nella presentazione per la stampa di "Arovà" si evidenzia la presenza e l'importanza della nostalgia nel vostro disco. Eppure quella che si ascolta è nella maggior parte dei casi una musica piena di energia e solare...

Nella storia di ognuno di noi c'è il bello ed il brutto, e la musica deve saper rappresentare ciascuno di essi. La musica che oggi definiamo "popolare", prima di diventare fenomeno di massa, è stata la colonna sonora delle classi povere, umili. "Arovà" è dedicato alla nostalgia dell'animo contadino, e vuole mettere in risalto tutti quegli aspetti dimenticati, o poco conosciuti della tradizione. Troppo spesso si confonde la musica popolare solo con la danza, lo svago o il divertimento, tralasciando invece quello che ha rappresentato per "generazioni antiche" che hanno toccato la tragedia della guerra, della povertà, dell'emigrazione...

Ovviamente questo non significa tristezza. Il ritmo, l'energia, la "rabbia", anzi, possono essere un modo terapeutico per metabolizzare eventi negativi. Per far diventare attivo qualcosa che viene subito passivamente.

"Arovà" si avvale di una schiera numerosa di importanti collaboratori, tanto da consideralo un cd collettivo, corale. Come mai una scelta così precisa e, perché no, ambiziosa?

In "Arovà" (in dialetto "dove và"), l'idea era quella di raccontare un po' il nostro percorso, la nostra storia. Per questo dovevamo (anche a discapito della stessa orchestra) avere nel disco musicisti che lo hanno segnato profondamente. Cosa molto importante da dire, è che ognuno di loro è stato ospite nei nostri concerti, prima di esserlo nelle registrazioni in studio. Come non citare per esempio Daniele Sepe. Un grandissimo musicista ed una persona speciale che da anni segue da vicino il progetto della POLV, e che con la sua musica ci ha influenzato moltissimo. Il suoi fiati nel cd sono inconfondibili. E poi Peppe Barra, Riccardo Tesi, Lino Cannavacciuolo, Mohsen Kasirossafar, Piero Ricci e molti altri che hanno contribuito con le loro riconosciute qualità artistiche a questo progetto discografico.

Mi pare, pur non essendo un esperto della cultura a cui date voce, che ciò che si ascolta in "Arovà" sia il frutto di un ricercato e fortemente voluto radicamento nella tradizione, ma mi sembra anche di percepire una spinta ad una ricerca e a una rielaborazione creativa e innovativa. Me lo confermate?

Si, certamente. La tradizione deve essere viva. Il miglior modo per non farla diventare un museo di se stessa, è che la si adegui con i tempi. Molti pensano che per conservarla bisogni proporla così com'è. Noi non vogliamo abbracciare questa visione per due motivi. Il primo è che è impensabile imitare qualcosa che è stato e che ha avuto un'importanza in quel preciso momento storico; per fare un esempio, è come voler suonare una tarantella come un antico suonatore, che dentro quella cultura ci ha vissuto una vita intera, e quindi è inimitabile! Il secondo, è che vogliamo avere una spiccata originalità. Cioè cerchiamo di rendere il nostro suono inconfondibile, personale, semplicemente "nostro"… perciò non smettiamo mai di ricercare e di rielaborare i brani che suoniamo. Capita spesso, per esempio, che dopo qualche anno modifichiamo i nostri stessi brani, cercando di abbracciare nuovi stili e nuove idee.

Non a caso negli ultimi anni abbiamo tenuto concerti nei più svariati contesti musicali: da quelli estremamente classici, come il Maggio Musicale Fiorentino o I Concerti del Quirinale (Radio3), a quelli etnici come Folkest (Friuli) o Lithos (Sicilia), da quelli multiculturali come Roma incontra il Mondo (Villa Ada-Roma), a quello blues per eccellenza in Italia, ovvero il Liri Blues (Isola del Liri-Frosinone). E proprio quest'ultimo forse rappresenta a pieno la nostra voglia di sperimentare. Infatti durante l'edizione 2007, davanti a circa 3500 spettatori, abbiamo presentato, con la complicità dei Blue Stuff (gruppo storico del blues napoletano), "Omaggio a New Orleans", un disco in cui ci siamo cimentati nella rielaborazione di classici della Louisiana. Nel progetto abbiamo toccato generi come gospel, rhythm and blues, pop, cajun o country, adeguando il nostro insieme alle necessità che i brani richiedevano; ad esempio abbiamo scritto arrangiamenti per organetti che richiamassero il suono tipico di una sezioni fiati o in altri casi di archi.

Un altro aspetto che si percepisce con una certa chiarezza nel cd è la vocazione live della vostra musica. Come si modificano le vostre performances su un palcoscenico, di fronte al pubblico?

Un elemento con cui sicuramente cerchiamo di caratterizzare il concerto live è la forte di presenza di teatralità. Questo grazie ad esperienze professionali importanti per la POLV: uno su tutti l'incontro con Eugenio Barba, in Danimarca. Con lui abbiamo lavorato 15 giorni, entrando nel suo teatro, nelle sue visioni, nel suo fare arte dovunque. Inoltre, Antonella Costanzo ha avuto modo di collaborare con Nicola Piovani e Vincenzo Cerami in "Canti di Scena" e "Signor Novecento", come cantante-attrice, e sicuramente ha influenzato il gruppo verso questa visione del concerto.

Insomma quella che cerchiamo di proporre è una sorta di "musica scenica", uno spettacolo che deve essere sia ascoltato, che osservato.. Nel disco, così come facciamo dal vivo, abbiamo cercato di ricreare una sorta di suite, di viaggio, di percorso con un principio ed una fine… perciò diamo un consiglio a chi vorrà ascoltare il nostro "Arovà": cercate, se potete, di ascoltarlo tutto di seguito dalla traccia 1 alla 12!

Un'ultima domanda: da un lato la globalizzazione e dall'altro la ricerca della propria cultura locale e delle proprie tradizioni. Come possono conciliarsi queste due tendenze che a prima vista potrebbero apparire inconciliabili?

Trovare un sintesi tra questi due "mondi" apparentemente lontani, secondo noi, è la chiave per portare la propria cultura avanti nel tempo. Come già detto prima, siamo un po' restii alla riproposizione di classici della tradizione, senza nessun tipo di rielaborazione. La tradizione si rinnova ogni qual volta subisce una trasformazione o una contaminazione con qualcosa di "esterno". Non dobbiamo sempre dire che la globalizzazione è un male. Nella musica, per esempio, non è sempre così. La possibilità di assorbire nuovi stili o sonorità, ed inserirli nella propria "ricetta musicale", è un modo per conciliarli. Importante che nessuno prevalga sull'altro. Nel momento in cui la globalizzazione prevale, si corre il serio rischio di cadere nelle "grinfie redditizie" del commercio, e di dover dimenticare chi sei e da dove vieni... Per questo siamo molto contenti che "Arovà" sia distribuito in tutta Italia da il manifesto cd, un'importante etichetta indipendente, che ha sempre messo al centro delle proprie pubblicazioni discografiche la qualità artistica e socia-culturale del prodotto, piuttosto che la sola commerciabilità.

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