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Peppe Fonte: Quello Che Ti Diro' - intervista

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 28/01/2009 alle ore 18:52:15.

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Esordio discografico solista per Peppe Fonte, cantautore gia' attivo da diversi anni come autore e musicista. Quello che ti diro' e' un album eclettico e intrigante di canzoni intrise di nostalgia e velata ironia. Nell'intervista l'artista chiarisce alcuni aspetti interessanti della sua musica e della sua personalita'.

Peppe Fonte - Quello che ti dirò - cd cover

Peppe Fonte, classe 1966, avvocato penalista. Nome poco noto in ambito musicale, confinato alla periferia del mercato discografico, ma degno di attenzione. Ha pubblicato un cd presso Interbeat (distribuzione Egea) intitolato "Quello che ti dirò". Dieci tracce fulminanti, ispirate ad una tradizione di "classicità" cantautorale, intendendo con questa espressione un inserimento nel modo di far musica tipico degli anni d'oro Cinquanta-Settanta.

Racconta che la sua passione per la musica e per la canzone è nata in un'estate alla fine degli anni Settanta dall'incontro con Piero Ciampi, giunto in vacanza in Calabria in compagnia di Pino Pavone. Con quest'ultimo ha iniziato una lunga collaborazione artistica dalla quale poi sono nati molti pezzi scritti a quattro mani. Fra tutti, "Questi poeti", composto in occasione del primo disco di Pino Pavone "Maledetti amici".

La musica dal vivo, dopo alcune esibizioni che hanno incontrato il favore del pubblico, ha subito un arresto in quanto è in preparazione uno spettacolo - che andrà in scena nei teatri dal mese di aprile 2009 - che vuole essere la rappresentazione di un dialogo semiserio tra l'uomo e l'artista da sempre alle prese con le sue canzoni. Abbiamo intervistato Peppe Fonte, che ci ha chiarito aspetti interessanti della sua musica e della sua personalità.

Una prima osservazione relativa ai testi delle tue canzoni, che sono essenziali, sintetici, per alcuni aspetti ermetici, pur mantenendo un'importante dimensione di narratività. Come si conciliano questi due aspetti in apparenza contraddittori?

Che la narrazione sia ispirata alla sintesi o, ancor più, all'essenzialità della parola è, più che una caratteristica, la massima aspirazione di chi si cimenta nella scrittura di un testo musicale. Non credo che ci possa mai essere contraddizione. Credo piuttosto che esistano parole o frasi che nascono già con una loro musicalità a dispetto, spesso, anche di uno sviluppo armonico che innanzi al significato di un testo deve, a volte, camminare in punta di piedi, anche se sempre per la mano.

Nel libretto si legge una dichiarazione importante, come "l'arte è la non spiegazione". D'altra parte il titolo del tuo disco è "Quello che ti dirò", ciò che implica una relazione con i testi basata sulla comunicazione. Premesso questo, ti chiederei qualche chiarimento di massima per accostarsi a due canzoni belle e difficili come "Budapest" e "Giggia dove sei?".

Spiegare l'arte vuol dire, a volte, privare il destinatario della libertà di emozionarsi a prescindere dalla ragione per cui è nata oppure è stata raccontata una storia. O, ancor più, privarlo della gioia di inventarla la propria storia e, dunque, di sognare di esserne l'unico protagonista. È chiaro che scrivere o comporre una qualsiasi cosa è, soprattutto, un ricercare gli altri, un'esigenza vitale di comunicare un proprio stato d'animo. Ma ricordati che le regole non esistono. Così come non esiste una verità. Ecco perché ci sono canzoni che amo spiegare a dispetto di quanto ti ho detto prima. "Budapest" è la fuga di un uomo. Il suo desiderio di libertà vissuto il giorno in cui, da imputato, è in attesa della propria sentenza. "Giggia dove sei" è il racconto di una grande e vera storia d'amore: l'amore tra mio nonno e mia nonna Giggia.

Un'altra domanda che, alla prova dei fatti, risulta forse non del tutto scontata. Fino a che punto i testi delle tue canzoni sono autobiografici e in cosa si distaccano dalla tua vita ed esperienza risultando autonomi?

Non riuscirei mai a scrivere una canzone senza che in una nota o in una frase non ci sia io e la mia vita di ogni giorno. Del resto ho imparato a scrivere canzoni da bambino. Ricordo che ascoltavo in un angolino Piero Ciampi e Pino Pavone discutere di tutto e di niente, poi magari Piero diceva qualcosa di assoluto e, come per incanto, nasceva una canzone. Con alle spalle sempre, rigorosamente, una scena di vita vissuta.

In che modo, in fase di creazione dei testi e delle partiture, la componente tematica della scrittura e quelle ritmico-emotive della musica si intrecciano? In altre parole, come si agganciano reciprocamente le musiche e i testi? Quale dei due nasce per primo?

È una domanda storica, che ha sempre incuriosito tutti. Non esiste una regola. Esiste, a volte, l'esigenza di scrivere un testo e poi si penserà alla musica. Così come avviene che ti siedi al pianoforte e ti ritrovi nella testa un'idea musicale nata, come dice Vasco, già con le parole. Quest'ultima ipotesi è magia allo stato puro e, secondo me, sono attimi in cui avverti che vale la pena di vivere.

Nella canzone "Questo pianoforte" si dice: "E' vero che se canto poi capisco". Significa che il pensiero "cantato" funziona in maniera specifica e diversa rispetto alle normali modalità di attivazione della mente?

Cantare è una manifestazione dell'uomo, tra le più antiche. Secondo me ha una funzione anche terapeutica. C'è anche molta autoanalisi sia nella composizione di una canzone che nel diverso modo di cantare un proprio pezzo a distanza di tempo. In questo senso, cantare tante volte, per me, ha significato capire come erano andate le cose.

Mi pare di poter dire che tre componenti importanti delle tue canzoni sono l'amore, la poesia e il mistero. Me lo confermi?

L'amore, inteso non soltanto come sentimento verso una donna, dovrebbe essere la ragione del nostro vivere quotidiano. Purtroppo non sempre accade. In questo senso mi fa molto piacere che tu dica che l'amore sia una componente delle mie canzoni. La poesia ed i poeti, invece, sono solo una mia passione, non una componente delle mie canzoni. Il mistero è, invece, una componente dell'esistere. Ragione per cui è presente in ogni testo che abbia a che fare con l'intelligenza di chi guarda con tristezza "le persone facili". Che io chiamo anche "I sicuri". Quelli che la notte dormono e che, il giorno, camminano per la strada imitando sempre qualcuno, convinti, di avere nella tasca, la verità.

La tua musica mostra, a mio parere, una dimensione di "classicità", nel senso che rifugge dalle mode e si colloca in quel settore "storico" della canzone d'autore degli anni 50-60. Quali i motivi di questa scelta?

Più che di classicità parlerei di tradizione che poi altro non è che memoria, intesa come rispetto per il passato e, dunque, per il valore degli altri. In altre parole, consapevolezza che in ogni campo della vita è stato già fatto tanto, e tanto si può fare ancora, a condizione che ognuno abbia la voglia di aggiungere qualcosa di diverso . In questo senso la mia scelta, i miei gusti musicali sono rivolti verso tutto ciò che è stato sentimento, emozione, arte. Teoricamente a prescindere dalla loro collocazione storica o territoriale. Anche se, devo confessarti che, la musica della prima metà del secolo scorso mi ha molto affascinato.

Un'ultima domanda sulla "poesia", che ricorre nei testi e nelle tue note sul libretto. Puoi chiarire cosa intendi con questa parola?

Se dessi una definizione dotta di poesia sarei presuntuoso e, forse, anche incapace. Ti posso dire soltanto che quando nella mia vita mi è capitato di vivere e di non capire, emozionandomi, magari per avere avuto dentro gli occhi un'immagine, un colore, una storia sbagliata, solo il verso del poeta mi ha dato una spiegazione. Quando il poeta ti spiega, l'indomani, ti senti preparato all'emozione. Proprio come quando, il giorno dopo, andavi a scuola contento e sicuro per avere fatto, il giorno prima, tutti i compiti a casa. Solo quelle giornate, molto rare, in verità, ricordo che volavano via in un baleno.

Ascolta l'album "Quello Che Ti Dirò" (Streaming deezer.com)

Peppe Fonte: sito ufficiale.