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Matilde Politi: folk siciliano geneticamente modificato (intervista)

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 16/02/2009 alle ore 09:21:07.

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La cantautrice siciliana persegue una ricerca storica e filologica sulla cultura e sulla musica della Sicilia, interpretando con rigore e anche con la giusta dose di liberta' e di creativita' pezzi suoi e frammenti o canti tradizionali.

Matilde Politi - Si eseguono riparazioni dell'anima - cd cover

Matilde Politi ha pubblicato un bellissimo cd che gli estimatori del folk non possono trascurare: "Si eseguono riparazioni dell'anima" (edito da Arcimiccica). Cantautrice nota a pochi ma degna di grande attenzione, laureata in antropologia culturale, persegue una ricerca storica e filologica sulla cultura e sulla musica della Sicilia, interpretando con rigore e anche con la giusta dose di libertà e di creatività pezzi suoi e frammenti o canti tradizionali.

Oltre a cantare, suona chitarra, fisarmonica, concertina e percussioni. Al suo fianco, tra gli altri, Gabriele Politi (violino, viola, oud), Simona Di Gregorio (organetto e concertina), Lelio Giannetto (contrabbasso), Lajos Zsivkov (darbouka, djembe).

Testi in dialetto siciliano con traduzione a fianco e di grande impatto. A lei il compito di parlare della sua musica, attraverso questa intervista.

Una domanda relativa alla tua collocazione nel panorama della musica italiana. Luca Ferrari, in un suo bel libro, ha introdotto il concetto interessante di "folk geneticamente modificato", per alludere alla rielaborazione del folk effettuato in diverse direzioni con lo scopo di costruire un meta discorso su questo genere musicale alla luce della ricerca stilistica personale. In altre parole, il folk più creativo consisterebbe non tanto nell'aderire con rigore filologico al "vero" folk, ma nel ricrearlo dall'interno. Cosa ne pensi, e soprattutto ti identifichi con questa idea di folk geneticamente modificato?

Il mondo è cambiato in maniera impressionante negli ultimi 60 anni, tutto quello che si faceva, e la maniera in cui si faceva, nella vita quotidiana e nel lavoro è cambiato, sono cambiate le abitudini, i ritmi di vita, lo stile di socializzazione e aggregazione, la maniera stessa di pensare e di elaborare le cose è cambiata, a tutti i livelli della società, in tutti gli strati sociali.

L'ambiente che ha fatto da culla a quella musica popolare tradizionale a cui facciamo riferimento parlando di folk originale, che si è mantenuto invariato per secoli, direi, in pochi decenni è stato stravolto. Tutte le funzioni concrete dei canti e della musica tradizionale sono andate perdute, addirittura le ninne nanne quasi non si cantano più per addormentare i bambini, sostituite da pupazzetti che cantano indifferentemente "la bamba" o "o tannembaum".

In questa realtà, pur subendo enormemente la fascinazione di quelle sonorità tradizionali, e di quelle melodie cariche di senso e di storia culturale, la riproposizione filologica di un materiale svuotato di funzione concreta e di aderenza alla realtà attuale mi dà la sensazione di un feticcio estetico e manieristico.

Credo che una strada migliore per frequentare oggi la musica tradizionale, sia incontrarla senza illusioni: con la consapevolezza di star trasformando le fonti, filtrandole attraverso la nostra sensibilità di musicisti colti occidentali e la nostra vita quotidiana in un mondo acceleratissimo e multiculturale e globale; la consapevolezza di star decontestualizzando il repertorio, portandolo in scena e spettacolarizzandolo; ma cercando un approccio che non sia solo estetico, cercando qualche verità oggettiva che tocchi anche noi, fosse anche solo a volte il divertimento, la condivisione del suono e della musica, in semplicità, l'emozione, l'atto totale di chi produce un suono concreto. La funzione resta qualcosa di vago e inafferrabile, in confronto alla concretezza quasi magica dei suoni di un tempo, ma in qualche modo la verità c'è, si può toccare con mano.

Una domanda apparentemente retorica, ma che credo non lo sia se riferita alla tua musica: da dove nascono le tue canzoni?

Dalla pancia, sono vittima della mitologia della gravidanza...

Come si rapporta la musica con il testo, quale nasce prima, come si connettono reciprocamente?

A volte è una melodia o un giro armonico a portarsi appresso delle parole e dei significati, a volte esattamente il contrario, comunque sempre rimangono strettamente legati nella mia percezione e diventano un tutt'uno.

La dimensione corporea, vitale, intima, quasi biologica della tua musica come si manifesta dal vivo e nel privato del suo studio e delle esecuzioni "private"?

Parlavo prima di atto totale, è il modo in cui Grotowski descriveva il lavoro dell'attore nel suo teatro. Nella mia vita cantare e suonare è un atto totale! Nel senso che in quel momento sei totalmente dentro un flusso che coinvolge tutte le dimensioni dell'essere, il corpo, la mente, le emozioni e tutto il resto, sei totalmente nel "qui ed ora", sia che tu sia su un palco davanti alla gente, sia che tu sia da sola a casa. È inevitabile, ed è bellissimo!

"Cumari" ha una struttura che ricorda quella dei plazer provenzali. È un caso o a monte delle tue canzoni c'è un aggancio con la tradizione letteraria non solo locale o regionale?

Anche questo è inevitabile, credo; succedeva anche nella poesia popolare antica, negli endecasillabi dei cantori o dei cantastorie si trovano echi della poesia di corte, nelle musichette da ballo si inserivano intere citazioni da arie di operetta. Figuriamoci se noi, musicisti diplomati o accaniti lettori o laureati, o iperascoltatori di infiniti generi musicali, non ci agganciamo inesorabilmente a tanto di già fatto o già scritto o già suonato....

Come si riflette la cultura popolare della tua regione (o del luogo in cui abiti) nelle tue canzoni, quale rapporto c'è tra le due sfere? Vedo che alcune canzoni riportano la dicitura "tradizionale / Politi"...

Quando scrivo tradizionale/Politi di solito intendo che c'è stata da parte mia una elaborazione di diversi frammenti tradizionali, una sorta di montaggio di diversi materiali, oltre alla naturale elaborazione che un canto tradizionale attraversa nel momento in cui noi lo reinterpretiamo e gli diamo una nuova forma. Quando semplicemente lo reinterpretiamo, nonostante tutti gli arrangiamenti originali e la forma assolutamente nuova che assume, scrivo soltanto tradizionale. Quella dicitura fa riferimento insomma alla fase di ricerca e reperimento del brano: spesso si trovano tra i materiali di archivio solo frammenti o testi senza musica o musica senza testo, e spesso mi capita di ricreare un brano mettendo in relazione diversi frammenti, provenienti magari da zone diverse della Sicilia, o facenti riferimento a situazioni e contesti diversi. Nasce una canzone nuova, ma non ne sono propriamente io l'autrice.

La prima parola che viene spontanea nel momento in cui si leggono i tuoi testi (uso il verbo "leggere" perché non conosco a sufficienza il dialetto siciliano) è "poesia". Come interpreti questo concetto e come lo vivi nella tua musica?

Se la poesia è anche senza metrica e senza rima, allora ci sto! Ma non mi capita mai di scrivere un testo senza musica, come poesia insomma, scrivo solo parole da cantare...

Un'ultima domanda: la tua musica appartiene alla più classica fruizione di nicchia, come si usa dire oggi, nel senso che ha un manipolo ristretto di estimatori e soprattutto non gode di alcun favore commerciale. Come vivi questa situazione di emarginazione ma anche di fedeltà, coerenza, purezza?

Peccato... Scherzo, voglio dire che questo non succede perchè è troppo complesso quello che si propone all'ascolto, come accade magari con la musica contemporanea, o con alcuni cantautori, accade piuttosto, a mio avviso, per ragioni di mercato, da una parte, perchè il sistema commerciale è atrofizzato su alcuni standard, e i canali di circuitazione anche della musica dal vivo sono bloccati su delle modalità di selezione troppo legate al mercato discografico e direi anche televisivo.

D'altra parte parlerei di ritmo di vita: troppa frenesia, troppi ritmi convulsi e accelerati, troppo volume, nella vita quotidiana, che si ripropongono nella musica che ascoltiamo, o che si ascolta in giro... prendersi il tempo per ascoltare un brano lento, o dieci brani lenti, in acustico, magari sommessi, sussurrati nell'orecchio o "vuciazzati", nel silenzio della propria casa o condivisi in una taverna bevendo insieme un bicchiere di vino, magari ci concedessimo questo lusso! Si potrebbe già solo così riparare un po' del nostro equilibrio interiore...

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