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Carla Marcotulli: il jazz incontra la musica classica (intervista)

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 05/06/2009 alle ore 12:51:18.

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Carla Marcotulli ha realizzato un pregevole cd che affianca ad una formazione jazz un quartetto d'archi. Il titolo del disco, edito dalla ACT di Monaco di Baviera, e' How Can I Get To Mars. Si tratta di un'opera di notevole qualita' in cui la Marcotulli mostra la duttilita' della sua voce.

Carla Marcotulli - How Can I Get To Mars - cd cover

Carla Marcotulli ha realizzato un pregevole cd con Dick Halligan al piano, Sandro Gibellini alla chitarra, Dave Carpenter al basso e Peter Erskine alla batteria. Inoltre, aspetto particolarmente interessante, la formazione jazz è affiancata dal Quartetto Dorico, un quartetto d'archi costituito da Alessandro Milani e Gabriele Baffero al violino, Antonello Leofreddi alla viola e Marco Decimo al violoncello. Il titolo del disco, edito dalla ACT di Monaco di Baviera, è How Can I Get To Mars. Si tratta di un'opera di notevole qualità, in cui la Marcotulli mostra la duttilità della sua voce e lascia trasparire, attraverso la musica, aspetti importanti della sua personalità, del suo carattere, del suo modo di porsi. In particolare alludiamo all'impegno, alla serietà ma anche alla leggerezza, al sorriso. Tutte doti che hanno trovato conferma in un concerto a cui abbiamo assistito, in cui è stato presentato proprio "How Can I Get To Mars", in cui lei in particolare, ma anche tutta la formazione, hanno mostrato uno straordinario affiatamento e un modo di presentarsi al pubblico scevro da qualunque posa divistica. Ci ha concesso questa intervista.

Leggendo il suo curriculum mi ha colpito la ricchezza e la molteplicità della sua formazione. Prenderei in considerazione uno per volta gli ambiti ai quali si è dedicata. Partendo dal jazz prima dell'incontro con Dick Halligan. Con chi si è formata, con quali personalità ha collaborato, quali tracce hanno lasciato nella sua formazione?

Sono cresciuta in una famiglia dove la musica è sempre stata naturalmente presente. Mia sorella nei miei primi ricordi ha sempre suonato bene il pianoforte e composto musica, con il lavoro di nostro padre (tecnico del suono prima alla RCA italiana e poi socio insieme a Morricone, Trovajoli, Piccioni… dell'Ortophonic Recording Studio) avevamo montagne di dischi dalla musica leggera italiana alla musica classica, dall'opera al Jazz (nostro padre ha lavorato praticamente con tutti, dai cantanti anni ‘60 a registrazioni di opere liriche (da Anna Moffo, Domingo..), è stato il tecnico personale di Artur Rubistein, ha registrato con Chet Baker (Chet s Back..), Benny Goodman….solo per citarne alcuni per non parlare del cinema … Tutto questo forse ha formato il mio inconscio musicale in quanto ho sempre amato la buona musica di qualsiasi genere, è sempre stata una sorta di emozione vitale che mi ha aiutato poi in seguito nella vita (ma questo l'ho capito solo da adulta).

In verità in casa mia sarei dovuta diventare una pittrice, i miei studi di pianoforte furono un'imposizione sbagliata in quanto per me il piano era di mia sorella e ho sempre avuto un vero rifiuto che non mi ha aiutata poi nei miei studi in conservatorio. A 15 anni mi sono iscritta al conservatorio di Frosinone, nella scuola di flauto e contemporaneamente seguivo il corso sperimentale di Jazz di Gerardo Iacoucci e fu proprio lui che iniziò a farmi cantare da solista nel coro Gospel e nella Big Band della scuola; il jazz non era di moda come adesso e nei conservatori non era proprio ben visto, grazie a Gaslini e Iacoucci fu introdotto nei conservatori.

In quegli anni (fine anni '70 primi anni '80) a Frosinone ho avuto modo di conoscere tanti musicisti che frequentavano e che poi ritrovavo la sera al Music Inn (famoso jazz club romano) dove è cresciuta un'intera generazione di musicisti di Jazz. ( Del Fra', Gatto, Rea, Rita, Stilo….). Giovanissima sono stata sposata con F. Di Castri ed ho conosciuto praticamente tutti, credo che il mio gusto musicale si sia definito in quel periodo. Ho ascoltato molto e cantato gruppi diciamo ‘familiari' dei quali è rimasta traccia sul primo Lp di Furio Di Castri "Things" della Fonit Cetra con Boltro, Rita, Giammarco, Aldo Romano, Rava, Lazzaro e successivamente per la stessa etichetta ho realizzato il mio primo Lp da solista con un giovanissimo Antonio Faraò, Boltro, Urbani, Kjellberg, Di Castri e mia sorella Rita dal titolo "Flying".

Ora mi incuriosisce la sua formazione classica, in particolare la scuola di canto classico. Si è trattato solo di un apprendimento tecnico o anche di un confronto e di un assorbimento di modelli estetici e in generale culturali?

In base a quanto ho detto, mi sembrava tutto così facile che dopo un viaggio negli Stati Uniti mi misi a studiare la voce classica: mi piacque talmente tanto che mi concentrai sullo studio vocale classico anche se di tanto in tanto partecipavo a progetti jazzistici (ho cantato per diversi anni nella Keptorchestra dei fratelli Tonolo), registrazioni con Giovanni Tommaso, Chet Baker, Nicola Stilo… Nel frattempo la mia voce classica maturava ed ho avuto modo di cantare un'opera moderna al Kennedy Center di Washington a New York e a Puerto Rico, devo dire che mi è servito molto perchè ho cominciato a capire quale veste mi fosse più congeniale, l'opera mi dava un'ansia di aspettativa che mi faceva vivere male.

Tra le sue esperienze mi pare significativa quella con il trio sperimentale Neue Note del pianista Klaus Treuheit. Me ne può parlare?

L'esperienza con il trio tedesco "Neue Tone" di Klaus Treuheit mi ha fortificata molto nel senso delle mie paure inconsce, in quanto dovevo usare le mie sonorità, liriche e non, su un canovaccio musicale dove l'improvvisazione teatrale e musicale legata al testo era molto stimolante, devo dire che mi sono divertita molto e che il pubblico tedesco è fantastico, non so se in Italia avrebbe avuto lo stesso gradimento.

Infine il quarto ambito di formazione, per così dire, è quello del cantautorato. Alludo in particolare alla sua collaborazione con Paolo Pietrangeli. Anche in questo settore mi incuriosisce sapere cosa ha assorbito a livello professionale e umano.

Nel ‘96 conobbi il cantautore Paolo Pietrangeli e con lui cominciò una collaborazione che durò un po' di anni. Non avevo mai cantato canzoni in italiano (a parte arie d'opera) ma anche in questo caso fu molto divertente ed istruttivo. Il compito di chi canta in qualsiasi lingua o genere è quello di raccontare delle storie e le emozioni che questa storia racconta, bisogna essere onesti e raccontare se stessi attraverso il quadro che quella canzone o aria significa. Ho imparato nel corso degli anni a non preoccuparmi di piacere, ma ad entrare in contatto con ciò che il testo suggerisce e a far penetrare nel mio cuore quelle storie di vita che ho vissuto… credo che questo arrivi a chi ascolta; a volte quando canto qualcosa che mi tocca particolarmente mi rendo conto che mentre canto mi viene la pelle d'oca.

Ora miro un po' più nello specifico. La sua collaborazione con Dick Halligan da un lato e con sua sorella Rita dall'altro. Le chiederei però non solo cosa le hanno dato, ma anche cosa ha dato lei a loro. Mi sembrano due pianisti diversi quanto a formazione e a modo di suonare, di concepire il jazz.

L'incontro fortuito con Dick Halligan, e specialmente in questo momento della mia vita, mi ha dato una nuova linfa vitale creativa. Dick non si considera un pianista…. È principalmente un compositore arrangiatore (nel famoso gruppo B.S &T oltre agli arrangiamenti suonava il trombone e l'organo), musicalmente ci capiamo benissimo abbiamo gli stessi respiri e abbiamo cominciato a conoscerci così bene che quando scrive un nuovo brano per me, me lo cuce addosso. Sa quali sono i miei limiti e le mie possibilità, anche i testi appartengono al mio vissuto, forse è per questo che i concerti per me diventano una specie di performance come se stessi nel salotto di casa mia a cantare per i miei amici; questo dipende appunto dal fatto che ho la consapevolezza che non mi devo preoccupare di piacere, perchè allora metterei un'attenzione mentale che mi distoglierebbe da me stessa e non sarei più io che canto ma ripeterei qualcosa di meccanicamente assimilato. Dick dice che da me sta imparando molto, non saprei esattamente cosa e quando lo dice mi viene da ridere. Sarà che un'imperfetta come me e un perfetto come lui si compensano. La musica di mia sorella ha un'altra concezione, sono due persone completamente diverse. Con Rita ci sono cresciuta e la riconoscerei ad occhi chiusi.

Come ultima domanda la inviterei a parlarmi del progetto che sta a monte di "How Can I Get To Mars", cioè dell'idea di abbinare un pianista e un chitarrista (e in generale una formazione) jazz con un quartetto d'archi.

"How can I get to Mars" è un progetto che avevo nel cassetto da molti anni. L'idea del quartetto d'archi classico e chitarra Jazz era una sonorità che riassumeva la mia esperienza musicale. Sono stata molto fortunata ad incontrare Dick che ha tradotto tutto in modo così meravigliosamente perfetto, i suoi arrangiamenti sono così originali ed interessanti che rispecchiano il suo genio. Man mano che aumentano i concerti dal vivo aggiungiamo qualcosa di nuovo. Nelle prime esibizioni riproponevamo i brani del cd (edito dalla label di jazz tedesca ACT music) così come sono stati registrati e quindi anche con aggiunta di basso e batteria, ma poi abbiamo deciso di aggiungere il pianoforte in modo da introdurre il quartetto d'archi ed escludere il trio jazz. Nelle future performances useremo anche gli archi singolarmente in varie formazioni per creare momenti di scambio con piano, chitarra e voce. Dick sta già scrivendo nuovi arrangiamenti e nuova musica da integrare in questo progetto.

Link: Carla Marcotulli Myspace.