Home: Articoli: Interviste

Stefano Giaccone: dai Franti a Viper Songs (intervista)

Articolo di: Gian Luca Barbieri; pubblicato il 21/07/2009 alle ore 12:39:44.

stefano-giaccone.jpg

Viper Songs e' il nuovo album di Stefano Giaccone, composto e realizzato insieme a Peter Brett, commediografo inglese. Un cd in cui si accostano due personalita' ricche, che riescono a dialogare perfettamente tra di loro e a far dialogare la canzone e il teatro come linguaggi perfettamente compatibili.

Stefano Giaccone

Stefano Giaccone, classe '59, nato a Los Angeles, ha attraversato diversi generi musicali nella sua città d'adozione, Torino, dal folk-rock al punk, dal jazz all'avant-garde rock. Il suo nome è legato al gruppo dei Franti, riferimento fondamentale nel panorama indipendente italiano, in cui ha militato insieme a Lalli.

Con il nome di Tony Buddenbrook ha realizzato nel '98 il suo primo disco solista, Le stesse cose ritornano. Del 2004 è Una canzone senza finale. Poi, la indie label torinese La locomotiva, ha prodotto tre suoi dischi: nel 2005 Tras os montes in collaborazione con Dylan Fowler; nel 2008 Come un fiore e nel 2009 Viper Songs, composto e realizzato insieme a Peter Brett, commediografo inglese.

È proprio a Viper Songs che dedichiamo la nostra attenzione. Si tratta di un disco complesso, cantato (e recitato) in inglese, strutturato in tre Atti. In tutto 16 tracce costituite da 9 canzoni e 7 monologhi recitati da Brett. Un cd in cui si accostano due personalità ricche, che riescono a dialogare perfettamente tra di loro e a far dialogare la canzone e il teatro come linguaggi perfettamente compatibili.

Un disco di alto livello, colto, raffinato, a tratti impegnativo, ma dotato di uno spessore che difficilmente si trova di questi tempi. L'intervista che ci ha rilasciato è densa di spunti di riflessione e testimonia della levatura culturale, non solo musicale, di questo artista.

Che effetto fa scrivere e cantare testi in inglese e soprattutto tradurre testi scritti originariamente in italiano?

L'inglese è stata per tratti non contigui e di durata diversa una delle due lingue che ho usato, parlato, scritto nella mia vita. L'inglese semplifica tutti i pensieri; a me richiede lo sforzo di trasportare concetti in un'altra lingua. E quindi mi obbliga a una maggiore concentrazione.

È solo un problema linguistico, o ne risente tutta la canzone, la sua atmosfera, le emozioni che vengono messe in campo?

Io ho comprato e letto poesia in inglese per decenni. Ho smesso, molto tempo fa. La lingua è parte della tua esperienza umana, fisica, onirica, inconscia e di classe sociale. Su questo concetto sono abbastanza categorico: la traduzione è necessaria se si vuole attraversare arte e emozioni provenienti da altri parti del mondo, ma un tango suonato a Milano è una traduzione, come gli spaghetti lo sono a New York. Traduzione non vuol dire riduzione. Ma nemmeno vuol dire esperire l'originale, una esperienza che non può prescindere da legami profondi.

Una parola che ricorre spesso nei tuoi testi è “sogno”. Non credo che sia un caso...

E pensare che ricordo una discussione feroce tra me e Lalli, epoca Franti, sul mio divieto di usare quella parola nei nostri testi! Difficile dire qualcosa: andrò a contare la parola “sogno” negli ultimi miei dischi e poi ti dico!

Mi hanno colpito molto le parti recitate da Peter Brett, autentico crooner e poeta, con una voce impressionante, piena di fascino. A chi è venuta l'idea di alternare brani recitati a canzoni?

Peter è stato, anzi è, un attore, commediografo e soprattutto un insegnante di teatro. L'idea è venuta man mano che ci scambiavamo materiali scritti e sonori

Vi siete posti la questione della comprensibilità delle parole sia dei testi che delle parti recitate? Questione che viene affrontata e risolta solo in parte dalla traduzione, peraltro fondamentale, inserita nel cd. Intendo, non sempre un ascoltatore può trovarsi nelle condizioni di leggersi la traduzione in diretta, e anche questo non credi che tolga l'immediatezza della fruizione del pezzo?

Per un ascoltatore di lingua italiana, certamente. Per un inglese, l'ascolto è del tutto diverso. Torniamo alla domanda sulla traduzione. Francamente penso che quasi nessuno in Italia abbia mai veramente capito cosa dicessero Bob Dylan o Patti Smith. Leggere i loro testi è una esperienza non inferiore alla comprensione diretta, ma certamente diversa. In un certo senso, noi non-inglesi abbiamo aggiunto strati significanti su Visions of Johanna che non ci sono. O almeno, un inglese ne “sente” degli altri. Se capita il contrario, Mr Smith che ascolta Claudio Lolli, avviene un meccanismo simile. Ma non capita: sono loro gli imperatori. Non siamo solo consumatori.

Come si pone “Viper Songs” nei confronti della tua produzione precedente?

Si pone come ultimo mio cd (risposta alla John Lennon... scherzo…). Non posso rispondere ora. Dopo 11 anni, un matrimonio e 2 figli, una separazione nel 2006, 3 album e 2 mini cd, 1 reading su Torino (Solo vecchia brace), la morte di mio padre, torno a vivere in Italia. Faccio un disco sulla memoria, su padre, figlio, femminile/maschile, tutto in inglese. Mah...

Mi piacerebbe che tu mi parlassi del modo in cui utilizzi la parola nei tuoi testi letterari e nelle tue canzoni. In che modi usi il linguaggio verbale per dar voce alla tua interiorità?

Non ho mai creduto all'idea che un artista si esprima. Un artista attraversa la vita, ri-suonando come il vento in una bottiglia. Lo facciamo tutti. Un artista impara a modulare un po' il suono. Un artista è solo un uomo (o una donna) che tace quando gli altri parlano e viceversa. Le parole, spesso, sono il nostro bisogno di consolazione, come dice Dagermann.

Un'ultima informazione: in che modo le componenti autobiografiche e quelle non autobiografiche si intrecciano nei tuoi testi?

Sono tutte e due false. La verità sta nella libertà di lasciare il vento risuonare dentro di sé. Ci sono dei prezzi da pagare per questo, ma un clandestino su un battello verso Pantelleria o una operaia messicana pagano prezzi assai più alti. Un artista deve ascoltare, soprattutto. La sua autobiografia è quella del mondo, degli uomini e delle donne che lo abitano.

Stefano Giaccone: Sito Ufficiale